Polo Museale

27 Giugno 2024

8. Il Telaio – The Loom

Una guida sonora agli ambienti del museo.
An audio guide to the museum ambiences.

Trascrizione
italiana.

“Arti ti tularu” arti ti nutaru: questo proverbio sancisce la complessità dell’arte del telaio. Averne uno a disposizione significava ricavarne una fonte di guadagno certa, in quanto in molti si recavano dalle famiglie di tessitrici a commissionare i vari tipi di stoffa. Quella del tessere è stata una professione peculiarmente femminile. Sulla destra in basso la pianta del cotone, in passato coltivata nei campi della zona. La lavorazione della fibra cominciava con la sgranatura della bambagia per eliminarne e semi ed eventuali corpi estranei attraverso il “manganieddu”, lo strumento composto da due rulli di legno con manovella.

La fase successiva è quella della cardatura. Con l’utilizzo del “cardaturu” (in italiano cardaccio, esposto a sinistra dei catini di fronte alla finestra) formato da due assi di legno irte di punte di chiodo delle quali quella superiore veniva mossa in avanti o indietro, si otteneva il districamento delle fibre così da disporle parallelamente tra di loro. A questo si passava alla filatura. Possiamo vedere due tipi di filatoi: quelli a Pedale per creare i ronchetti (sulla sinistra) provvisti di una ruota di legno e il fuso incannatoio dotato di asticella (sulla destra vicino al “manganieddu”) per creare le spolette. La “mesta” (da maestra, titolo che si assegnava agli artigiani che padroneggiavano un’arte complicata) prendeva il cotone cardato che somiglia ancora alla massa informe iniziale ma più ordinata, e avvicinando nelle fibre ne legava un’estremità sull’asse del Filatoio che, fatto girare, torceva il filo che lo avvolgeva sulla spoletta. Inoltre vediamo gli arcolai: uno orizzontale (dietro il telaio) ed uno verticale composto da due ruote (sopra la pianta di cotone). Entrambi erano usati per dipanare le matasse per poi crearne la spola tramite il fuso incannatoio. Infine il telaio.

Costruito in legno d’ulivo ha origini antichissime. Sull’asse posteriore veniva legato con non poche difficoltà l’ordito, ovvero l’insieme di fili da trasformare in stoffa. Davanti, invece il pettine e i licci (gli insiemi di fili verticali mossi dai pedali, alternatamente) che disposti in una certa maniera e intrecciati facendo passare la navetta (l’oggetto in legno che ricorda una piroga contenente la spola) nell’apposito spazio davanti ad essi producevano un certo tipo di trama sull’asse frontale, invece scorreva il tessuto.

English
trascription.


“Art of the loom, art of the notary”. This proverb emphasizes the complexity of the art of weaving. Having a loom meant having a guaranteed source of income, as many would go to weaving families to commission various types of fabric. Weaving was a predominantly female profession. On the bottom right, there is the cotton plant, which was once cultivated in the local fields. The processing of the fiber began with the ginning of the cotton to remove seeds and any foreign bodies using the “manganieddu,” a tool consisting of two wooden rollers with a crank.

The next phase is carding. Using the “cardaturu” (in Italian, cardaccio, displayed to the left of the basins in front of the window), made of two wooden boards covered with nail tips, the upper one was moved back and forth to disentangle the fibers, aligning them parallel to each other. Following this was the spinning process. We can see two types of spinning wheels: the pedal ones for creating “ronchetti” (on the left), equipped with a wooden wheel and spindle, and the spooling spindle with a rod (on the right near the “manganieddu”) for creating spools. The “mesta” (from “maestra,” a title given to craftsmen who mastered a complex art) took the carded cotton, which still resembled the initial unformed mass but more orderly, and by bringing the fibers together, tied one end to the spinning wheel axle, which, when turned, twisted the thread wrapping it around the spool. Additionally, we see the yarn winders: one horizontal (behind the loom) and one vertical with two wheels (above the cotton plant). Both were used to wind the skeins and then create the spool using the spooling spindle. Finally, the loom.

Constructed of olive wood, it has ancient origins. The warp, or the set of threads to be turned into fabric, was tied to the back beam with considerable difficulty. In the front were the reed and the heddles (the sets of vertical threads moved alternately by the pedals), which, arranged in a certain way and interwoven by passing the shuttle (a wooden object resembling a pirogue containing the spool) through the appropriate space in front of them, produced a certain type of weave on the front beam where the fabric was rolled up.

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